Necessità di una Architettura Ecologica e Sostenibile: Low Tech vs High Tech

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La consapevolezza della necessità di un’architettura ecologica esiste da parecchi decenni, anche se è arrivata al grande pubblico solo dopo il clamore mediatico del Summit di Rio, anni durante i quali i sostenitori del low-tech e dell’high-tech si sono spesso scontrati.

Architettura ecologica e sostenibile

Fin dagli anni Settanta, in risposta alle inquietudini suscitate dalla prima crisi petrolifera, qualche pioniere propose delle alternative ecologiche, soprattutto nei settori delle abitazioni e delle piccole strutture educative e culturali. Sull’onda del movimento di contestazione del maggio ’68, alcuni architetti – contestando la rigidità e la freddezza delle costruzioni moderniste – incoraggiarono l’esperienza dell’architettura partecipata dagli utenti, e perfino alla realizzazione, di edifici più conviviali.

Questa è la filosofìa antiautoritaria che ha ispirato la realizzazione delle case popolari in Germania, Danimarca e Belgio. Ed il legno, materiale caldo, leggero e facile da lavorare era il protagonista nella maggior parte di questi progetti.

L’architettura high-tech è simboleggiata dai complessi per uffici e dalle grandi spettacolari costruzioni in metallo e vetro dei protagonisti dell’architettura internazionale. Molti di questi progettisti come Norman Foster, Renzo Piano, Richard Rogers, Thomas Herzog, Francoise-Helene Jourda e Gilles Perraudin hanno dato vita all’associazione “Read” per riflettere sull’utilizzo delle energie rinnovabili in architettura. Ufficialmente riconosciuta nel 1993, dopo la Conferenza internazionale di Firenze sull’energia solare nell’architettura e nell’urbanistica, questa associazione ha ricevuto il sostegno della Comunità Europea.

Gli edifici e gli interventi simbolo di questa corrente “eco-tech” sono la torre della Commerzbank a Francoforte sul Meno e la cupola del Parlamento tedesco a Berlino nel rinnovato Reichstag, entrambi progetti di Norman Foster.

Tuttavia l’architettura internazionalizzata, che si vuole ecologica grazie all’impiego della tecnologia e dell’informatica, non è sempre convincente, in particolare rispetto al comfort termico in estate e ai consumi energetici invernali.

Queste realizzazioni molto pubblicizzate hanno comunque il merito di aver avuto un effetto trascinante: molte innovazioni applicate per la prima volta in questi progetti, come la facciata vetrata a doppio involucro, sono state poi utilizzate in progetti più modesti dove si sono rivelati molto efficaci.

Tra i due estremi del low-tech e dell’high-tech esiste una terza via che ha raccolto molto seguito nel centro-Europa. La differenza essenziale rispetto all’architettura low-tech è la sua immagine contemporanea, favorita dall’abbinamento intelligente dei materiali della tradizione con prodotti industriali innovativi.

La filosofia di questa tendenza è riassunta con molto buon senso da Stefan Behnisch, titolare dello studio Behnish, Behnish & Partners, la cui influenza è molto sentita in Germania nella progettazione di uffici e insediamenti scolastici e sportivi:

“Nell’ambito dell’architettura ecologica si distinguono essenzialmente due scuole di pensiero. Quella di Norman Foster, che dice che si possono risolvere i problemi ecologici con più tecnologia, e quella di Soleri che dice ‘No alla tecno¬logia!’. Noi stiamo in mezzo, anche se la mia simpatia va più a Soleri.

Io non voglio cambiare il nostro stile di vita o tornare all’età della pietra, ma se ci mettiamo nell’ottica di accettare che faccia più caldo in estate e più freddo in inverno sono convinto che potremo aspettarci un grado accettabile di comfort seguendo le regole della natura”.

Per la realizzazione di involucri edilizi performanti, in grado di garantirci il giusto livello di comfort e dei consumi energetici contenuti, abbiamo molto da imparare dall’architettura vernacolare, frutto dei tentativi e della conoscenza empirica dell’uomo, consolidatasi con un processo di “prova-sbaglia-riprova” tendente al raggiungimento del massimo comfort abitativo, in mancanza di ogni tipo di manualistica di riferimento.

Si rileva infatti che, tali esperienze (su cui si fondano i principi dell’architettura bioclimatica) comportano un uso corretto delle risorse naturali a partire da uno studio accurato e valorizzante il contesto climatico.

Approfondimenti

Photo credit: Pietro Crincoli

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