Workshop Pompa di Calore su Radiatori Esistenti
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Come si calcolano le perdite al mantello di un caldaia tradizionale o a condensazione? Quali accorgimenti prendere per ridurre tale dispersione di calore e quanto di esso è recuperabile?
Il generatore termico è il cuore dell’impianto di riscaldamento e all’interno del calcolo del bilancio energetico degli edifici è di fondamentale importanza considerarne le perdite di calore.
Il processo di combustione all’interno della caldaia comporta sempre delle perdite termiche verso l’ambiente esterno che penalizzano il processo di riscaldamento del fluido termovettore.
Le perdite di calore di una caldaia si dividono in:
- perdite al calore sensibile, date dalle perdite a bruciatore spento e perdite a bruciatore acceso
- perdite attraverso il mantello.
Le perdite al mantello quantificano il calore che, dissipato attraverso il mantello del generatore, non può essere utilizzato per scaldare il fluido termovettore.
Le perdite al mantello sono dovute allo scambio termico, dato dalla sommatoria di conduzione, convezione ed irraggiamento, tra il generatore di calore e l’ambiente esterno. Si verificano sempre a generatore attivo sia a bruciatore spento che a bruciatore acceso e il loro ordine di grandezza è fra l’1% ed il 4%.
Il luogo di installazione di un generatore termico influisce sulle effettive perdite di calore al mantello. Infatti se un generatore, indipendentemente dalla sua tipologia, è installato all’esterno, le perdite al mantello sono completamente perse. Questo avviene anche se il generatore è collocato in apposito vano tecnico.
Per un generatore installato in centrale termica o all’interno dell’involucro edilizio riscaldato, una quota parte delle perdite possono essere recuperate come calore per riscaldare l’ambiente.
Nel primo caso il 70% circa delle perdite al mantello sono considerate passive, mentre il restante 30% è recuperato sotto forma di riscaldamento dell’aria comburente.
Nel secondo caso, ovvero di generatore installato all’interno dell’involucro edilizio riscaldato, la maggior parte di esse concorrono a riscaldare l’ambiente, mentre solo una minima parte sono considerate perdite passive.
La tipologia di caldaia influisce sulla quota di perdite che concorrono al riscaldamento d’ambiente. I valori si attestano circa all’80% per un generatore di tipo B, a camera aperta, ed al 90% per un generatore di tipo C, camera chiusa.
Gli interventi che possono minimizzare le perdite di calore attraverso il mantello sono dati:
- dal suo efficace isolamento termico
- dall’adozione di impianti a bassa temperatura, in quanto una bassa temperatura media dell’acqua all’interno della caldaia diminuisce le perdite
- dall’installazione all’interno dello spazio riscaldato o in apposita centrale termica ovvero in un ambiente protetto.
Le perdite verso l’ambiente attraverso il mantello del generatore sono presenti sulla scheda tecnica del prodotto. In mancanza di valori dichiarati dal costruttore si ricorre alla seguente tabella tratta dalle UNI TS 11300-2:2008 che classifica i generatori in base all’età e al grado di isolamento termico del mantello.
Hai mai considerato la collocazione della caldaia al fine di ottimizzare il risparmio energetico di un edificio?
A cura di Arch. Laura De Chiara
Buongiorno Andrea,
si, io sto molto attenta al posizionamento della caldaia (cerco di non metterla mai all’esterno) e propongo di installare caldaie che sono ben isolate così disperdono meno calore possibile.
Grazie dell’informazioni
Giulia
Ciao Andrea, perché non parlare del rendimento di distribuzione degli impianti termici e relative perdite “recuperabili” o meno, i quali sono a mio avviso i PRINCIPALI responsabili di inefficienza e sprechi energetici dovuti a cattive scelte progettuali e pessime soluzioni di installazione?
Spero di averti dato un piccolo spunto.
Un saluto, e grazie per i molti aggiornamenti assai preziosi!
Generalmente le caldaie le ho sempre collocate in locali tecnici riscaldati o comunque all’interno dell’involucro riscaldato, se ti interessa avere dei dati ti posso fare un calcolo di casa mia con caldaia all’esterno e caldaia all’interno. Fammi sapere.
Ciao e buona giornata
Paolo
La diversa collocazione della caldaia ha un peso notevole sul bilancio.
Purtroppo, per il legislatore e non del tutto senza senso, la sicurezza viene prima del risparmio, per cui ci sono grossi limiti al posizionamento, sia in termini di localizzazione, sia in termini di aperture obbligatorie.
Ciao Andrea,
innanzi tutto grazie mille per i tuoi curati e sempre interessanti aggiornamenti.
Effettivamente ho provato una volta a verificare il risparmio energetico legato al diverso collocamento della caldaia.
Ho anche seguito un progetto di riqualificazione di una villa bifamiliare dotata di caldaia a condensazione per il riscaldamento di entrambi gli appartamenti e devo dire che la collocazione della stessa all’interno del vano scale contribuisce notevolmente al risparmio di energia per il riscaldamento dello stesso!
Pensa che, sebbene avessimo predisposto l’allacciamento di due caloriferi per il riscaldamento del vano scale, il proprietario ha deciso di non collocarli perchè non necessari… le perdite della caldaia erano infatti più che sufficienti.
Insomma… credo che il collocamento della caldaia sia effettivamente importante per tutte le considerazioni di risparmio energetico!
Ciao Simone, grazie per la tua corretta osservazione, vorrei precisare che l’intento dell’articolo non era parlare delle principali perdite ma di affrontare un tema richiesto da un lettore e fornire uno spunto di riflessione. Sicuramente il tuo spunto verrà tenuto in considerazione per lo sviluppo di prossimi approfondimenti.
Se sono con bruciatore atmosferico e messe all’esterno, basta portarle dentro e se la casa non è proprio un rottame ma mediamente isolata si salta di una classe.
Le perdite al mantello incidono parecchio; tant’è che se la dotazione di radiatori è sufficiente (e spesso lo è perché gli impianti vecchi son sovradimensionati) e si ipotizza di farli lavorare a 55-60° anziché i canonici 70° si migliora non poco anche così.
Generalmente la caldaia la inserisco nello spazio riscaldato.
Se per motivi necessari va in esterno, considero la perdita di energia dovuto alla sua collocazione e quindi la diminuzione di rendimento.
Buon lavoro
Non so se esistono in commercio caldaie con mantello “isolato” se no, strano che non ci abbiano ancora pensato! La mia caldaia, stagna, comprata dal precedente proprietario 5 anni fa, è posizionata in cucina (ambiente non isolato, cassonetti non isolati, esposizione nord), devo dire comodo per il recupero, però questo ambiente puzza di gas e quindi lo devo arieggiare di più degli altri (nonostante le aperture di legge). Cosa ho risolto? Per minimizzare l’effetto negativo delle perdite ed aumentare il rendimento in caso di impianto esistente, potrebbe essere una soluzione mettere un recuperatore di calore nell’ambiente dove è collocata la caldaia?
Non ho mai fatto questa verifica e, però, ritengo sia molto importante.
Grazie per l’aggiornamento
Ciao Andrea, ti ringrazio prima di tutto delle mail che mi invii, in quanto sono utili e servono per mantenermi aggiornato in materia di risparmio energetico.
In merito alla domanda che mi hai posto, non ho provato a verificare in termini numerici quale è il risparmio che si ha cambiando la collocazione della caldaia.
Però di recente insieme a mio padre abbiamo realizzato un sistema integrato costituito dal solare termico, da una caldaia e da un termo camino per il riscaldamento di un appartamento. Girando per varie aziende italiane ho visto che sviluppano sistemi simili e utilizzano anche stufe a pellet; le aziende dicono che sono dei sistemi validi dal punto di vista del riscaldamento e del risparmio energetico ed inoltre, dicono che funzionano bene sia con l’ impianto a pavimento che con i tradizionali termosifoni.
Qualunque sia la macchina termica da considerare, le tre forme di trasmissione del calore si sa essere: conduzione, convezione, irraggiamento.
Tutte e tre vengono racchiuse nella trasmittanza termica K in cui intervengono i coefficienti liminari, la conducibilità dei materiali stratificati ed il fattore di Wien per quanto riguarda la parte raiativa, afferente il corpo grigio. La funzione Q = KS(T2-T1) determina il flusso termico di dispersione.
Chiaramente le trasmittanze vanno valutate localmente ed il flusso totale come somma dei flussi dispersi. Se una stratificazione del boundary è diatermica, si può valutare il materiale e lo spessore necessario per il contenimento del flusso disperso, no?
In riferimento alla tua domanda, ti riporto le mie considerazioni in merito.
Tendenzialmente, però soprattutto da tutti gli altri nostri colleghi, denoto una netta superficialità nella valutazione progettuale degli impianti, sia sotto l’aspetto dell’utilizzo delle fonti alternative secondo i vari casi considerati, sia sotto anche l’aspetto dell’individuazione dell’opportuna posizione di dover insediare l’impianto tecnologico, infatti il più delle volte i locali vengono insediati a km di distanza dagli utilizzi finali per paura da parte del committente di rumori soprattutto nelle ore notturne, per evitare di avere per casa i tecnici addetti alla manutenzione, etc. ma l’aspetto essenziale che recluto di cui non si tenga conto è per l’appunto quello delle dispersioni passive per il trasporto del calore dal generatore all’utilizzo finale (possa essere riscaldamento come l’H2O CALDA sanitaria) come riportato dal calcolo della Legge 10/91 e successive integrazioni sotto la voce: “Dispersioni per distribuzione”, infatti per lo più per ovviare al problema vengono dimensionati isolamenti super abbondanti per cercare di compensare alla disperione termica, negli ambienti a vista, nelle murature, etc.
Infatti dai calcoli tale voce non risulta incidere sul dimensionamento dell’impianto, incidendo infatti per pochi punti percentuali in alcuni casi, ma soprattutto lo vedo sotto l’aspetto dell’utilizzo dell’acqua calda sanitaria, che il più delle volte si deve ricorrere al ricircolo sanitario a fronte oltre al dispendio di calore per distribuzione all’utilizzo di energia elettrica per permettere la circolazione del fluido nei tubi e soprattutto negli impianti domestici dove si fa utilizzo di caldaie, posizionate lontano dalle cucine, bagni, etc. e non essendo possibile realizzare un circuito di ricircolo, una volta messo in funzione l’impianto il committente si lamenta dell’enorme dispendio di acqua sanitaria prima che arrivi alla giusta temperatura (sia che l’impianto sia istantaneo che con accumulo).
E questo è solo uno dei punti che il più delle volte non vengono presi in considerazione, purtroppo l’elenco è lungo e potrebbero volerci giorni per approfondire la situazione.
Ti riporto un esempio.
Nella progettazione di uno stabile condominiale in fase di costruzione/ristrutturazione ex-novo non è stato inserito/previsto un impianto VMC o di distribuzione/recupero di calore con ricambio dell’aria, lo stabile è progettato ed approvato in CLASSE A, prevedendo all’interno di ogni appartamento per il trattamento dell’aria dei ventilconvettori senza ricambio con l’esterno ma solo un trattamento e filtrazione in loco e già questa è una cosa che recluto importantissima, non trovo logico che abbia un appartamento da 400 mq la mia porche in garage, inviti degli ospiti per un buffet, rinfresco o la partita della nazionale e per ricambiare l’aria in ambiente debba aprire le finestre, queste cose il cliente che compra l’appartamento non le sa, ma le comprenderà una volta acquistato l’appartamento e messo in funzione gli impianti nella stagione invernale/estiva.
L’altro aspetto è quello della produzione dell’acqua calda sanitaria: è stato previsto un accumulo da 1000 litri, senza una predisposizione per un sistema solare e va be è stato tenuto condo dell’utilizzo di una pompa di calore con recupero di calore totale ed i pannelli fotovoltaici, ma il problema sta nei due scambiatori a piastre che non condivido il fatto che siano stati messi in serie senza predisporre un by-pass, infatti se il primo scambiatore si tappa o si intasa, tutto l’impianto è fermo – pur avendo due scambiatori a disposizione.
In secondo luogo trovo problemi non sotto l’aspetto progettuale, ma sotto quello funzionale, infatti essendo in fase realizzativa (come installatore), trovo il problema di non poter regolare le temperature come da progetto sui circuiti primari degli scambiatori non potendo gestire le portate d’acqua e le temperature con valvole a 3 vie modulanti, infatti sono state previste solo delle valvole deviatrici, le pompe di carico degli scambiatori soprattutto quella della caldaia è dimensionata sulla portata in riscaldamento e non sanitario, quindi per ovviare al problema mi tocca in alternativa a mie spese inserire dei limitatori, regolatori di portata sul circuito primario degli scambiatori per dare la giusta portata d’acqua all’impianto sulla base dimensionale di chi mi ha progetto lo scambiatore.
L’altro problema che sta riscontrando chi mi dimensiona gli scambiatori è il fatto che ho una pompa a portata costante sui due scambiatori ma con potenze termiche differenti (105 + 50 Kw) e si deve cercare di trovare il giusto punto di lavoro con un compromesso tra portata e temperatura, non valeva la pena tenere seperati i due scambiatori ogniuno indipendente dall’altro con le proprie potenze e portate e soprattuto in emergenza l’uno rispetto all’altro?.
In terzo luogo qui torniamo alla tua domanda circa il fatto che venga tenuto condo del posizionamento dei produttori e degli utilizzatori e dell’eventuale dispersione per distribuzione.
Nel progetto in questione infatti sia la pompa di calore che la caldaia sono posizionati sul tetto dello stabile per un altezza di circa 15/20 mt con circa 50/80 metri di tubazioni per arrivare al locale tecnico posto al piano interrato dove è posizionato il serbatoio d’accumulo e la rete di distribuzione calore, per poi da qui ripartire e rifare il percorso a ritroso su un’altra colonna e risalire con le colonne montanti per distribuire i fluidi ai singoli appartamenti.
Quello che mi chiedo, tutto questo dispendio di calore per distribuzione è stato tenuto conto in fase progettuale non tanto sotto l’aspetto dimensionale con le opportune compensazioni/isolamenti, ma sotto l’aspetto economico “dispersioni per distribuzione” nell’arco dell’anno.
Infatti dal mio aspetto, essendo stato progettato il tetto per ospitare la pompa di calore, i pannelli fotovoltaici e la caldaia, non valeva la pena considerare il fatto di predisporre un locale tecnico per ospitare la sottostazione e realizzare la distribuzione dall’alto verso il basso in un’unica direzione di flusso, senza prima dover scendere al locale interrato e poi risalire all’ultimo piano!!.
Scusa se ti ho fatto perdere del tempo inutilmente con le mie dicerie, ma purtroppo sono queste le cose che mi fanno arrabbiare, ci sono dei colleghi che vengono pagati anche profutamente per progettare gli impianti e poi oltre a non rispettare quanto dettato dalle normative, non prendono neanche a cuore l’impianto, infatti mi chiedo, se dovesse il progettista andare ad abitare in quell’edificio progettato da Lui – Ci andrebbe !
Buongiorno Andrea,
intanto ringrazio per i frequenti aggiornamenti e info che condividi che trovo sempre utili.
Occupandomi di recupero edilizio (principalmente residenziale) sono convinto anche io che lo studio e delle considerazioni in fase di progetto possano portare a dei risparmi.
Quando c’è la possibilità ad esempio (villette) consiglio anzichè installare un radiatore nel classico locale lavanderia nel seminterrato (locale magari poco usato) di mettervi li il generatore e isolare meglio i muri, così che le perdite del generatore possano diventare un contributo al riscaldamento di quel locale.
Buona settimana a te
Gabriele
Le caldaie sono già progettate per l’ambiente in cui sono destinate, spesso si aggiunge un “mantello protettivo” solo per proteggerle da ambienti particolarmente aggressivi (zone marine con forte presenza di sale).
Le perdite al mantello, considerando la costruzione della caldaia stagna, sono irrisorie, rispetto ad altre perdite, che pesano molto, molto di più.
Ti faccio un esempio premesso che stiamo progettando un nuovo edificio.
Prova a “cronometrare” quanto tempo passa da quando apri un rubinetto dal lavandino più lontano (bagno) dall’atto in cui apri l’acqua calda e fino a quando questa ti giunge calda come la vuoi tu.
Tieni conto che un rubinetto di un lavandino eroga circa 4,5 lt/min, mentre una doccia 7,5 lt/min. considera anche l’acqua che si spreca e il calore che essa si porta via, non avendo ancora raggiunto la temperatura che desideri, moltiplicalo per le volte che questo gesto viene fatto in una giornata, solo magari per aver toccato erroneamente il rubinetto posizionato sul “caldo”.
Considerando che da quando tu apri il rubinetto e la caldaia va a regime termico, già passano altri preziosi secondi, in cui la caldaia per darti l’acqua a 45 °C, deve compiere un o sforzo enorme in termini di KWe energetici.
Il vero risparmio non è nel coibentare la caldaia(che i già soggetta a delle norme UNI-CIG di efficienza energetica per le perdite al mantello), ma nel realizzare un accumulo di acqua calda, che evita di dover erogare grosse potenze energetiche, per erogare spesso pochi litri d’acqua (pensa a cosa succede quando fai scorrere l’acqua calda solo per lavare il rasoio della barba).
Se si utilizzasse l’accumulo anche piccolo, la caldaia non dovrebbe essere “ISTANTANEA” e la potenza necessaria sarebbe meno della metà, praticamente invece di avere una caldaia da 24 o 27 kWp per una appartamento medio di 100 mq, basterebbe una caldaia da 10-12 kWp: è qui il vero risparmio.
In tutto questo è chiaro che se devo installare una caldaia, evito di metterla in zone esposta ai venti del nord!
Ciao Ruggero, non sono d’accordo per diversi motivi.
Innanzitutto l’avere l’acqua scaldata per ogni evenienza e’ un dispendio inutile di energia. Pensa che l’acqua si scalda e si raffredda inutilmente mentre con l’istantanea, soprattutto quella con regolazione elettronica della temperatura, la scaldi al bisogno ed alla temperatura desiderata senza raggiungere gli inutili 70 gradi ed il bisogno di miscelazione. Dati alla mano la generazione separata e’ assolutamente più grave del dispendio dell’acqua fredda rimasta nelle tubazioni precedente all’erogazione di acqua calda.
L’unico modo concreto per ovviare il tutto e’ porre la pompa di ricircolo, ricordandosi che spesso le caldaie più sofisticate istantanee hanno integrato un accumulo seppur minimo di 50 litri, che però incide maggiorando circa del 10-15% i consumi.
Senza dimenticare che con l’accumulo l’acqua calda e’ assolutamente ed irreversibilmente limitata e se ci sono più utenti non tutti possono usufruirne.
Salve Andrea,
non mi sono posto il problema delle perdite del mantello perchè per principio penso che la caldaia sia meglio collocarla all’esterno o comunque in un locale tecnico non interno.
Tutto logicamente per motivi di sicurezza.
Saluti
Salve,
rispondendo in stretti termini alla domanda sulla riqualificazione, rispondo “ni”.
Mi spiego meglio, qualora l’involucro edile e le condizioni/parametri che l’utente mi specifica in termini di rifacimento impianto interno, comfort e ergonomia finale mi diano la possibilità di intervenire, allora l’idea di installare una pompa di calore ad espansione (abbinata a kit idro, solare termico e fotovoltaico) prende il sopravvento, mentre nel caso in cui quanto detto prima non fosse possibile o solo parzialmente possibile allora quasi certamente viene considerata l’ipotesi di una nuova caldaia.
Saluti
Andrea buongiorno,
sto lavorando per capire se è possibile eliminare qualsiasi macchina a supporto della climatizzazione, VMC a parte, agendo esclusivamente sull’involucro quindi tendenzialmente direi di no ovviamente dove si può.
Grazie e buona giornata.
Effettivamente non ci avevo mai pensato al cambio di collocazione della caldaia. Può essere interessante.
Grazie e buona giornata
Buona sera Ing. Ursini.
Secondo me in fase di progetto di un nuovo edificio è essenziale considerare la collocazione della caldaia in un vano tecnico chiuso per i seguenti motivi:
1) ridurre al massimo il differenziale di temperatura per ridurre la trasmissione di calore della caldaia con l’ ambiente; per me il locale tecnico va anch’esso isolato
2) ridurre al minimo il transitorio che porta a temperatura di regime la caldaia
3) ridurre le dilatazioni termiche dei materiali metallici e gli stress termici alle tenute che con il tempo potrebbero irrigidirsi.
Per ridurre le perdite della caldaia sicuramente lavorare a bassa temperatura e isolare il più possibile il mantello sono le soluzioni da adottare.
Cordiali saluti
Buon giorno Andrea,
ho letto su quanto influisce il luogo di installazione di un generatore termico sulle effettive perdite di calore al mantello che del fluido termovettore.
Per me il luogo ottimale di installazione di un generatore termico è all’interno dell’involucro edilizio riscaldato, sia esso a camera aperta di tipo B o a camera chiusa di tipo C, per cui la maggior parte delle esigue perdite di calore concorrono a riscaldare l’ambiente e solo una insignificante parte sono da considerarsi passive.
Faccio notare che, alcuni anni or sono nella mia zona nei nuovi edifici residenziali ed un particolar modo in grossi agglomerati, il generatore termico veniva collocato all’esterno dell’edificio ed in particolar modo nei poggioli, ultimamente hanno fatto un’inversione di tendenza e cioè vengono collocate all’interno degli stessi edifici.
Non riesco a capire da chi è venuta l’idea di collocare questi generatori all’esterno privi di adeguate protezioni termiche, (alla faccia del risparmio energetico).
Ciao.
Non mi è ancora capitato nulla di tutto ciò anche perchè nell’ultima ristrutturazione edilizia portando un cassero senza impianti a una classe B (reale) la caldaia era all’interno dello spazio riscaldato.
Saluti Andrea a presto!
Ciao Andrea,
no non ho mai considerato queste perdite. Semplicemente perchè ho sempre rifiutato ed impedito la sistemazione della caldaia all’esterno dell’ambiente riscaldato ma l’ho sempre progettata all’interno, in genere la cucina, per impianti autonomi.
Già arriccio il naso quando mettono la caldaia dentro a un mobile, …. per bellezza dicono….