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I sistemi di domotica in casa, più propriamente BACS, Building & Automation Control System, cioè sistema di controllo e automazione dell’edificio, rappresentano validi alleati nella riduzione dei consumi energetici degli edifici.
A differenza di sistemi passivi come l’isolamento dell’involucro o le finestre ad alte prestazioni, l’automazione degli edifici rappresenta una misura di efficienza energetica attiva.
Un sistema BACS ha infatti il compito di utilizzare e regolare al meglio gli impianti tecnologici in risposta al mutare delle condizioni ambientali esterne, per assicurare sempre il massimo comfort possibile agli occupanti dell’edificio.
Oltre che per il comfort, i sistemi di regolazione e controllo diventeranno in futuro sempre più usati per migliorare l’efficienza energetica negli edifici, sia quelli di nuova costruzione ma soprattutto nelle ristrutturazioni importanti.
La direttiva europea 2010/31/UE, cosiddetta Energy Performance in Buildings Directive o EPBD, stabilisce all’art. 8 che “Gli stati membri promuovono […] l’installazione di sistemi di controllo attivo come i sistemi di automazione, controllo e monitoraggio finalizzati al risparmio energetico.”
La Regione Emilia Romagna ha anticipato tutte le altre regioni nel recepire questa direttiva e ha reso obbligatorie le funzionalità minime dei sistemi di controllo ed automazione per le nuove edificazioni.
Ecco tutti i dettagli:
Le Classi di Efficienza Energetica Attiva Secondo la Normativa Europea UNI EN 15232
La norma UNI EN 15232 stabilisce una classificazione di efficienza energetica dei sistemi di controllo degli impianti, da un minimo di “D” (nessuna automazione, nessuna misura di efficienza energetica) ad un massimo di “A” (automazione e controllo utilizzando lo stato dell’arte disponibile). Questa classificazione si applica agli edifici civili, quindi non solo al residenziale ma anche e soprattutto a edifici del terziario, uffici, commercio, ricettività e sanità.
Si noti che le “classi” di questa norma non sono confrontabili con le più note classi di efficienza energetica degli edifici (quelle da “A” a “G” per intenderci) in quanto non sono misurate in kWh/m2a oppure kWh/m3a, ma sono assegnate sulla base del comportamento e della regolazione degli impianti tecnologici.
Ma come possiamo stimare la classe di efficienza attiva a cui appartiene un edificio? La norma ci aiuta elencando per ogni classe la presenza o meno di particolari comportamenti o sistemi di domotica.
- Indicativamente, possiamo aspettarci che un edificio con classe di efficienza attiva pari a “D” non abbia nessun metodo di controllo clima, salvo forse un termostato centralizzato per caldo e freddo, una regolazione manuale dell’aria e nessun controllo dell’illuminazione (accensione e spegnimento manuali) o delle schermature solari ecc.
Salendo di classe, avremo:
- Classe C: tipicamente sarà possibile regolare automaticamente l’emissione in ciascun ambiente, sia per il caldo che per il freddo, ad esempio tramite valvole termostatiche o regolatori elettronici in caso di ventilconvettori. Inoltre possiamo aspettarci una regolazione della temperatura dell’acqua della rete di distribuzione in funzione della temperatura esterna e tipicamente il generatore di calore opererà in regime intermittente.
L’illuminazione sarà probabilmente controllata da sensori di presenza, un piccolo passo avanti rispetto all’accensione e spegnimento totalmente manuale.
- Classe B: le soluzioni cominciano a farsi interessanti e tecnologicamente avanzate. Un edificio “attivamente” efficiente sarà in grado di rispondere efficacemente ai suoi occupanti e all’uso che questi faranno dei locali. Tipicamente la regolazione del clima sarà completamente integrata, con ciascun ambiente e ciascun sottosistema in grado di comunicare il proprio stato ad un sistema BAC centrale.
Questa integrazione è utile per evitare condizioni di interblocco, quando sistemi differenti funzionano in opposizione.
Il classico esempio di interblocco si ha ad esempio quando l’unità di trattamento aria cerca furiosamente di scaldare la stessa aria che il condizionatore sta altrettanto furiosamente raffreddando (condizione che si verifica più spesso di quanto non si creda).
L’impianto di illuminazione a questi livelli è in grado di reagire alla luminosità ambiente e modula l’apporto di luce artificiale per mantenere valori di illuminamento adeguati.
- Classe A: lo stato dell’arte, tutti gli impianti tecnologici funzionano in sinergia per migliorare la qualità ambientale interna, reagendo adattivamente alle condizioni esterne.
L’illuminazione è anche in grado di attivare automaticamente le schermature solari alle vetrate per ottimizzare la luce naturale, l’impianto di ventilazione è in grado di sfruttare il free cooling notturno per raffrescare gli ambienti e tutti i componenti e i sensori sono collegati in un unico sistema di Technical Building Management o TBM, in grado di adattarsi alle condizioni ambientali.
Un sistema di questo tipo è anche in grado di operare come strumento di diagnostica precoce (cosiddetto early warning) e di rilevamento guasti.
Maggiore Efficienza Significa Maggiore Risparmio
La norma non si limita a definire e qualificare gli impianti in classi di efficienza crescenti, ma aiuta anche a stimare il risparmio ottenibile salendo di classe. I valori di risparmio riportati nella norma sono stati calcolati su base statistica, ma godono anche di ampia verifica sperimentale.
Ad esempio, nel 2011 il Politecnico di Milano ha verificato la loro attendibilità attraverso simulazioni dinamiche.
Di seguito i risparmi attesi:
Come si può notare, migliorare l’automazione e il controllo degli impianti con un sistema di domotica in casa porta a risparmi consistenti sui consumi e permette di ammortizzare rapidamente gli investimenti. In particolare, le tabelle mostrano chiaramente numerosi risparmi ottenibili con minimi investimenti di capitale, specialmente negli edifici non residenziali.
Queste opportunità sono chiamate in gergo low hanging fruit, cioè “frutti bassi”, perché più facili da cogliere. Tipicamente sono low hanging fruit tutte le misure con un risparmio atteso del 15% e più, oppure le misure con un tempo di payback dell’investimento inferiore a due anni.
A cura di Ing. Luca Cotta Ramusino
Photo credit: suspeeters
Buongiorno.
E’ un mio parere personale, sulla base della mia quotidiana esperienza nel settore termotecnico, quindi prendetelo per quel che può valere. Sono contrario alla complicazione fine a se stessa o all’aggiunta di gadget tipo “effetti speciali”, pienamente convinto che un impianto semplice è spesso più difficile da progettare e realizzare ma facile ed economico da gestire.
Il controllo della temperatura stanza per stanza è una panzana galattica (mi trattengo da definizioni fantozziane); salvo l’uso per l’inutilizzo di alcuni locali, pretendere di ottenere compartimentate le condizioni di umidità e temperatura in una struttura domestica è un’illusione, sempre non sia usata per rimediare a grossolani errori di progettazione e bilanciamento dell’impianto.
La criticità del posizionamento dei sensori, specialmente in caso di impianti radianti, crea spesso più inconvenienti che vantaggi, tali da dover inattivare i servocomandi posti sui collettori. Per gli impianti a radiatori esistono sistemi modulanti anche wireless meno invasivi e costosi senza contare che le (buone) classiche valvole termostatiche svolgono egregiamente la loro funzione ed il cui funzionamento è alla portata della “signora maria”.
Il fatto di far passare per “tecnologico” l’impiego di un sistema di regolazione on/off è una palese contraddizione con i canoni della termotecnica.
I sistemi di domotica non sono standardizzati e sopratutto non dialogano con i terminali più importanti come caldaie e pompe se non in maniera grossolana come appunto protocolli on/off. Dopo una decina d’anni di esercizio questi sistemi sono al 90% bypassati a causa della difficoltà d’uso e dall’impossibilità di upgradare hardware e software che legati al progresso tecnologico li rendono in breve tempo obsoleti e quindi dismessi dagli stessi produttori.
Sono d’accordo con Paolo.
Vivo in una casa passiva che ho (co)progettato e che ho dotato di impianto domotico, più che altro per avere una maggiore flessibilità di installazione, specie per le parti di impianto non ancora complete dell’edificio (zone esterne).
Non vedo alcun vantaggio nell’utilizzo dell’impianto domotico, specie se paragono la spesa sostenuta con quanto ottenuto in cambio.
I soldi meglio spesi, alla fine, sono sempre nel cappotto e nei serramenti: è il 20 dicembre, sto scrivendo al computer con 21 gradi in casa, temperatura esterna -2 e nessun impianto di riscaldamento tradizionale in funzione, solo una piccola termocucina a legna 60 x 60 cm che mi scalda l’acqua per la doccia se non c’è il sole per molti giorni (10 kW) e mi dà 6 kW per irraggiamento (alla massima potenza).
La domotica non aggiunge nulla. Il fatto che faccia poi risparmiare energia, in un edificio residenziale, è risibile: due alimentatori accesi 24h su 24 consumano più energia, anche se poca rispetto ad un impianto tradizionale. I pochi allarmi tecnici che gestivo via domotica, poi, si sono rivelati inaffidabili e li ho sostituiti da equivalenti elettromeccanici (relè) dopo la prima defaillance.
Secondo il protocollo emiliano, poi, la mia casa passiva non potrebbe in alcun modo ambire neanche alla classe C in quanto non solo non ho elettrovalvole di zona in ogni ambiente, ma non ho neanche termosifoni, caldaia o altro sistema di riscaldamento o raffrescamento tradizionale. Eppure credo la mia casa risparmi più energia di qualsiasi altra meno coibentata e dotata di impianto a zone e altre amenità domotiche di ultima generazione.
L’unico vantaggio che mi sento di ascrivere alla domotica è la facile e rapida riconfigurabilità dell’impianto che personalmente mi è servita solo a realizzare un impianto inizialmente parziale che posso decidere di completare ed estendere quando voglio: una volta portata la forza motrice e il bus in una scatola di derivazione è possibile inserire controlli alla bisogna in un secondo momento.
Diverso forse il discorso in edifici di grandi dimensioni: l’automazione dell’edificio qui può forse dare una grande mano.
Ciao, lavoro anche con la domotica e ho seguito diverse tesi che hanno dimostrato come l’applicazione di nuovi sistemi per il controllo automatico delle luci e in particolare degli impianti di riscaldamento/condizionamento possa portare a notevoli risparmi energetici e, perché no, anche a un miglioramento della classe energetica di un edificio.
Buongiorno a te, Andrea.
Tra le cose di domotica vedrei anche (se nn soprattutto) l’impianto di ventilazione controllato sia in base alle condizioni interne che di quelle esterne (soprattutto umidità e temperatura).
Punto di patenza: in una casa passiva Il comfort dipende tantissimo dall’innalzarsi dell’umidità relativa. Siamo d’accordo?
La VMC secondo la mia esperienza è una opportunità di risparmio energetico che si è dimostrata (2011/2012 primo anno di utilizzo) decisamente superiore alle mie aspettative!
L’illuminazione, con le nuove luci a LED, mi sembra meno rilevante del riscaldamento invernale (o raffrescamento estivo). Il rapporto tra le grandezze potrebbe essere 200(?)
Hai informazioni simili da poter confrontare? Purtroppo i dati in materia di VMC scarseggiano o sono vaghi.
Grazie e ciao.
Circa la possibilità di migliorare l’efficienza del sistema di climatizzazione (e non solo) con sofisticati sistemi di regolazione “attivi” è senza dubbio possibile, ma potrà solo fornire in maniera molto efficiente la quantità di energia di cui l’edificio ha bisogno per mantenere il comfort all’interno in base all’efficienza dei sistemi “passivi”, cioè alla coibentazione, tenuta all’aria, corretto orientamento dell’edificio, corretta finestrazione.
Se l’edificio è un colabrodo energetico l’impianto dovrà fornire molta energia che, se i sistemi di regolazione “attivi” fossero perfetti (e non lo sono), sarebbe esattamente l’energia utile richiesta.
Se l’edificio non è un colabrodo l’impianto dovrà fornire poca energia, pur senza sofisticati sistemi di regolazione “attivi”, se in più ci sono anche questi sistemi allora tanto meglio.
Quindi bisogna PRIMA rendere efficiente il sistema involucro e POI anche rendere efficiente il sistema impianto e regolazione: se si percorre il ragionamento al contrario non si fa vera efficienza.
Io vedo il bicchiere mezzo pieno.
Sono un termotecnico e mi occupo anche di Domotica da diversi anni. Come al solito, e come dico sempre ai miei clienti, bisogna ridimensionare un po’ la parola Domotica.
Domotica non vuol dire avere chissà che impianto, non vuol dire spendere migliaia di euro per un qualcosa che poi “chissà se me lo ripago”. Domotica significa creare un’impianto FUNZIONALE e “collaborativo” con la “vita” della Domos.
Un giorno parlai con un elettricista, che mi disse: “Tu la chiami Domotica, io preferisco chiamarla :”Impiantistica intelligente”.
Il problema che ho riscontrato nella mia esperienza lavorativa è che finchè parliamo della bifamiliare, dell’appartamentino da 80 mq, un qualsiasi VALIDO progettista è in grado di creare un impianto intelligente, che è progettato appunto sulle reali necessità di chi la casa la vive.
Quando invece mi sono trovato a lavorare con progetti più complessi (ad esempio un condominio da 6 appartamenti da 6 mila euro al mq), dove è richiesto un certo livello qualitativo, c’è bisogno di qualcuno che coordini la parte elettrica e meccanica e che sappia far comunicare al meglio le due tipologie impiantistiche e i sistemi domotici o meglio, il progettista domotico è una figura molto importante.
Buonasera!
Non ho mai utilizzato un sistema domotico, ma conoscendo gli aspetti progettuali e quanto incide la buona conduzione di una casa passiva ritengo che in una passive haus appunto, la domotica sia un ausilio e una ulteriore garanzia di successo e benessere, contribuendo ad un governo ambientale e in sinergia dell’involucro e degli impianti.